A volte ci troviamo di fronte a pacchetti sui quali campeggiano i colori verde, bianco e rosso, richiamando il made in Italy. Ma come facciamo a sapere se un riso è davvero coltivato in Italia?
La fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori è disciplinata dal Regolamento UE 1169/2011. In particolare, l’articolo 9 riporta le informazioni obbligatorie sugli alimenti, tra cui l’inserimento del nome o della ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore con il cui nome è commercializzato il prodotto. Soltanto per l’Italia, su richiesta del Governo, è prevista la reintroduzione della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento, in particolare, nel caso del riso, sapremo qual è il luogo di lavorazione del riso raccolto e di confezionamento del riso lavorato, mentre non è obbligatorio dichiarare il luogo di coltivazione.
Ecco alcuni accorgimenti che io adotto per scegliere il vero riso italiano:
- Il luogo di coltivazione: è un’informazione volontaria, non obbligatoria per legge, ma se inserita nella confezione ci permette di conoscere l’origine effettiva del riso.
- Il logo “Riso Italiano” di Ente Risi rappresenta un valore aggiunto, non obbligatorio ma richiesto volontariamente, e concesso solo ai marchi che garantiscono tracciabilità del riso, dalla coltivazione in Italia fino al confezionamento.
- Il marchio DOP o IGP. Entrambi i marchi identificano: un prodotto originario di un luogo, le cui qualità e caratteristiche sono dovute ad un particolare ambiente geografico, fattori naturali e umani. Per la DOP l’intero ciclo di produzione deve avvenire nella zona geografica delimitata, mentre per l’IGP almeno una fase della produzione.